mercoledì 25 ottobre 1989

Recensione di Vincenzo Ferrari

QUANDO TUTTO SI FA OMBRA, L'UOMO PERDE LA SUA OMBRA, 
E' ESSA A POSSEDERLO


Non sempre è facile argomentare la stima e la considerazione che si ha per il lavoro di colleghi ai quali si è legati da una lunga amicizia.
Troppe sono le cose che si finisce col dare per scontate e altrettante sono quelle talmente sedimentate da non riuscire a proporle con quell'entusiasmo e freschezza di linguaggio, necessari per un testo che accompagni le opere di un'esposizione ed aiuti il lettore ad apprezzarle nel giusto modo.
Debbo riconoscere che guardando e leggendo il lavoro di un collega, in questo caso di MeiHing, mi ritrovo ad esprimere giudizi molto soggettivi, interferiti continuamente dalle passioni, convinzioni, interessi e curiosità che mi corrispondono.
Non è mia preoccupazione il capire ad ogni costo ciò che l'autore ha voluto significare, direi che mi è quasi indifferente, mentre ciò che mi incuriosisce è il porre delle domande alle opere e constatare quanto le risposte riescano a colpirmi emotivamente costringendomi a provare interesse per quello che vedo. Ciò di cui sono sicuro è che le conclusioni cui arrivo sono sempre troppo labili e ambigue, ma questo è il rischio che si corre quando il giudizio lo si chiede all'artista anziché al critico.
Fatta questa noiosa ma doverosa precisazione posso cercare di dire perché le opere di LoMeiHing mi incuriosiscono, mi piacciono e le trovo belle. Ciò che ho sempre stimato nel lavoro di questa artista è la capacità, pur vivendo da molto tempo in Italia, di mantenere profondi i legami con la propria tradizione artistica e di rendercela contemporaneamente accessibile.
Apparentemente tutto sembrerebbe ridursi all'uso di una tecnica tipicamente cinese come l'acquerello o della rinuncia all'uso di sistemi di rappresentazione prospettica tipicamente occidentali, ciò che vale è ad esempio il modo in cui è trattata la materia pittorica. Esiste una competenza artigianale che non può essere fraintesa come semplice abilità, si tratta del frutto di un lungo lavoro, di messa a punto di sistemi necessari per meglio capire le cose e la loro essenza.
Alla puntigliosa testardaggine cinese di cui MeiHing è un brillante esemplare, va aggiunta una diversa considerazione dell'oggetto estetico che deve avere sempre una sua finalità e possibilità d'uso. In questo senso credo che le opere in questione siano dei veri e propri strumenti di possesso, di conoscenza e di sopravvivenza, non a caso i soggetti sono sempre semplici: si tratta di immagini di natura, di vegetali e di animali che appartengono alla quotidianità presente o passata di colei che fa.
Si direbbero dei pretesti per parlare d'altro, forse del rapporto che ciascuna di queste figure ha con un tutto che le contiene e che non è mai descritto nell'opera. Ma nel guardare è proprio l'allusione all'esistenza di questo tutto che mi prende emotivamente: c'è qualche cosa che manca, che sfugge a colui che guarda e che alla fine è più importante di tutto ciò che è dato a vedere.
Il quadro sembra un luogo di fantasmi, di ombre, di presenze che non si vedono ma che sappiamo esistere concretamente al di là delle nebulose sfumature che descrivono e costruiscono le cose fingendo di nasconderle. Si tratta di luoghi in cui non esiste differenza tra ciò che nella visione si perde o si riesce a catturare. Ogni cosa ha un suo valore; presenze ed assenze esistono l'una in funzione dell'altra.
Che tutta l'opera di LoMeiHing sia estremamente poetica è fuori di dubbio, ma è anche qualcosa di più, è l'immagine visibile della poesia.



Docente Facoltà di Pittura - Accademia di Belle Arti Brera di Milano - Prof. Vincenzo Ferrari '89