domenica 2 dicembre 2001

"Il Cibo in Cina tra Quotidianità ed Arte"













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RAPPORTI

L'arte del Coltello ed il Dominio del Fuoco:
"Il Cibo in Cina tra Quotidianità ed Arte" 
(Roma, 1-2 dicembre 2001)

di Flora Diana Sapio

Il 1° ed il 2 dicembre 2001 si è svolto a Roma un convegno dal titolo "Il Cibo in Cina tra Quotidianità ed Arte", organizzato dall'Associazione Italia-Cina e dall'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente. La prima giornata di lavori è stata inaugurata da Edoarda Masi, che ha tracciato i percorsi dell'"intelligenza del cibo" lungo la letteratura cinese moderna e contemporanea. Tematiche che emergono in modo costante nelle opere moderne e contemporanee, il cibo e l'alimentazione richiamano alla mente ricordi amari; segnano le differenze di rango; esprimono il privilegio e l'ingiustizia; costituiscono la molla che fa riaffiorare alla coscienza nostalgie e vecchi ricordi; sono il veicolo di sofferte introspezioni, ed il canale di instaurazione di nuove amicizie. In tal modo cibo, vissuto individuale e storia si intrecciano in modo inestricabile, formando un'eredità indimenticata ed indimenticabile, parte importantissima del patrimonio culturale cinese. 
In seguito Françoise Sabban ha condotto il pubblico lungo le varie fasi del processo culinario in Cina alla scoperta dei fondamenti teorici di una tra le migliori cucine del mondo. Gli stadi di tale processo sono altrettante tappe di una pratica sospesa tra arte ed alchimia, che svolge un importantissimo ruolo nell'immaginario cinese. I "cambiamenti che avvengono all'interno della marmitta" (dingzhongzhi bian), la ricerca dell'armonia tra i 5 sapori, la padronanza della complessa arte del taglio e la destrezza nell'uso del fuoco costituiscono i componenti basilari dell'elaborato processo della nascita della civiltà e si riallacciano al mito della conquista di essa. Françoise Sabban ha quindi evidenziato come una teoria della culinaria sia individuabile nella sezione benwei del Lüshi Chunqiu, illustrando il percorso che si snoda lungo oltre 2.000 anni di storia per approdare, intorno agli anni '80 alla creazione di un canone culinario. Il riferimento al benwei, effettuato solo nella Repubblica Popolare Cinese, e assente dai testi didattici e tecnici sulla cucina, sottintende il primato cinese quanto ad elaborazione della prima teoria culinaria al mondo. 
I lavori pomeridiani sono iniziati con la proiezione di alcuni filmati che, richiamando il titolo del convegno, illustravano sia la preparazione di alcune jiachangcai, pratica quotidiana del popolo cinese, sia l'arte di soddisfare la vista e il palato, trasformando cibi comuni in piccoli capolavori di scultura. L'intervento di Marisa Siddivò ha richiamato l'attenzione dei partecipanti sugli effetti sortiti dalla crescita economica sulle abitudini alimentari dei cinesi. La prosperità indotta dalla riforma economica si riflette nell'aumento dell'apporto calorico medio della popolazione, e nella comparsa di cambiamenti antropometrici; la nuova generazione, meglio e più nutrita, è mediamente più alta e robusta delle generazioni precedenti. All'esistenza di una fetta di popolazione in sovrappeso, che adotta uno stile alimentare basato sull'assunzione di carni rosse, dolciumi e bibite gassate, ed alla comparsa di disordini alimentari propri delle società del benessere si contrappone la persistenza di alcune sacche di povertà storica, e della malnutrizione. Diversa la situazione della maggioranza della popolazione: non troppo ricca da sperimentare sovrappeso ed obesità, né povera al punto da soffrire la malnutrizione, in seguito all'ammissione della Cina nel WTO non potrà più beneficiare della regolamentazione dei prezzi, a causa della riduzione dei sussidi al settore agricolo. Successivamente il contributo di Diana Lo Meihing ha evidenziato il rapporto tra nutrizione e taoismo, e la ricerca del benessere mediante un'alimentazione equilibrata. 
La seconda giornata di lavori si è aperta con l'intervento di Marco Ceresa, il quale ha compiuto un excursus sulla storia delle bevande in Cina, analizzando l'uso dell'acqua, degli alcolici, del tè e del latte lungo la storia cinese. Questa sfera dell'alimentazione non è priva di luoghi comuni, che spesso mascherano tentativi di imposizione di standard culturali occidentali. Un'imposizione che si realizza sfruttando l'argomento di una presunta diversità genetica del popolo cinese: il lactasi e gli enzimi necessari alla digestione del vino da uva sarebbero assenti dal suo patrimonio genetico; una caratteristica, peraltro non provata, che renderebbe i cinesi intolleranti verso il latte ed i suoi derivati e verso il vino. E' stata quindi messa in luce dal relatore la fallacia di questa "teoria", riconducendola ad una costruzione culturale priva di fondamento. 
Incentrato sulle bevande è stato anche l'intervento di Maurizia Sacchetti, che ha illustrato i metodi pubblicitari impiegati dai produttori delle bibite presenti sul mercato cinese. Strategie che innescano una vera e propria "guerra delle acque", vedono l'impiego di vari mezzi per conquistare i consumatori, tra cui la diversificazione della comunicazione pubblicitaria. Interessanti sono le differenze esistenti nel pubblicizzazione delle bibite: la comunicazione dei marchi globali si sta adeguando alle esigenze culturali e linguistiche dei paesi dove opera. Molti dei marchi occidentali (Nestlè, Seven Up, ecc.) sono stati modificati radicalmente in Cina, per rispondere alle differenze linguistiche: si assiste così all'armonizzazione delle strategie pubblicitarie delle multinazionali con le culture locali. Particolarmente interessanti sono gli slogan, aggressivi e dinamici, delle bibite alla caffeina; proprio l'elevato contenuto di quest'ultima componente in numerose bibite stimolanti è motivo di vanto per le case produttrici e di attrazione per i consumatori. In modo analogo sono decantati i benefici delle bibite al tè freddo, prodotti entrati da pochi anni sul mercato cinese, ma già ampiamente affermati. 
I lavori del convegno sono stati conclusi dall'interessante intervento di Lionello Lanciotti, il quale ha ricostruito il rapporto tra cibo, sesso e droghe lungo varie fasi della storia della Cina, a partire dal Gaozi, opera andata persa tranne alcuni frammenti presenti nel Mencio, in cui si sostiene l'importanza fondamentale del cibo e del sesso. Lanciotti ha evidenziato come le teorie delle scuole taoiste consigliassero l'astensione dai cereali e dalla carne, e favorissero l'assunzione di droghe e di altre sostanze vegetali, finalizzata al raggiungimento della longevità. A tali pratiche dietologiche si accompagnava la pratica degli esercizi respiratori, componente importante dell'alchimia interna. Il rapporto tra alimentazione, assunzione di droghe e sesso sembra costituire una dato costante: è stato evidenziato dal relatore come anche in epoca Tang l'assunzione di sostanze afrodisiache fosse una pratica seguita sia dagli imperatori che dalla corte, e come si sia perpetuata fino ad età più vicine alla nostra. L'assunzione di droghe usate con finalità afrodisiache, ad esempio gli oppiacei, è un esempio più recente, come anche l'uso del famigerato midollo di corno di rinoceronte, noto non solo ai cinesi per le sue proprietà afrodisiache. 

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