sabato 5 febbraio 2011

UN UOMO CHE HA INCISO



UN UOMO CHE HA INCISO
“In Italia non potrà mai esserci una rivoluzione, ci conosciamo tutti”, attrib. a Leo Longanesi
(ghostwriter)



Finalmente aria pura. Dopo parenti, amici, figli degli amici e benefattori, ecco il poeta sognatore per immagini. Ora abbiamo visto come sono fatti i paesaggi che popolano i suoi sogni.

Luci e paillettes alla vernice. Amici, non critici, a presentare ed esaltare il protagonista, descritto quasi come un odierno Don Chisciotte. I riflettori della città puntati sul suo attempato prodigo figlio artista. Casalinghe madri riconvertite in madrine da vernissages, autorità beate e plaudenti, il trionfo delle autoreferenzialità, per usare termine caro a certi bolsi critici ecolalici, autoreferenziali essi stessi che, stranamente, pur presenti  nell’occasione, questa volta hanno delegato ad altri di far uscire il solito articolo adulatorio sul solito giornale. Troppo vicini, come già accaduto per un figlio, o troppo lontani, per inclinazioni affettive e artistiche? Il taoista direbbe del  vuoto, che solo quando è tale può riempirsi di rumore.

Il brissinese Presidente del Circolo S. Erardo sale sul podio che gli compete. Ma non come tale, bensì su invito del Curatore della Galleria Civica, il mercante d’arte Alex Pergher.  Per la verità la mostra in calendario a gennaio, dall’inaugurazione del nuovo corso della Galleria Civica, è (era) una delle tre annuali destinate agli artisti designati dal Circolo stesso, ma probabilmente sarà sembrato poco carino (a chi tuttavia non ha disdegnato di invitarvi il figlio del padrino giornalista-critico-mentore) che il Circolo indicasse proprio il suo Presidente. Sapeva troppo di favore, forse. Anche perché (a pensar male si fa peccato….) ogni mostra degli artisti scelti dal S. Erardo e a loro cura, vedi bilanci, costa al massimo 3.500 Euro (se si paga anche l’albergo all’artista), mentre quelle degli artisti scelti dal Pergher (delibera di Giunta del gennaio 2010 per lo stanziamento della somma su suo preventivo) in parità di condizioni  hanno pesato sulle casse pubbliche da 6.978,40 a  9.100,00 Euro l’una (inclusa quella a porte chiuse, con costo preventivato di 5.990,40 euro solo per sorveglianza (!) e spese postali). Strano, no? 
Quali saranno i maggiori costi che Pergher deve affrontare? 
Sull’argomento c’è una interrogazione pendente in Comune, mi pare. 



Spiacevoli sensazioni di già visto, nei quadri. Fotocopie di sogni, semmai. Col tasto di regolazione del colore posizionato sul valore massimo.  Esibizioni di luce piena a imporre verità all’inganno dell’assenza di angoli bui nella mente che ha mosso il braccio. Dubbi di falsità avvalorati dall’artista stesso quando trova voce solo per ricordare agli osservatori, come verità inconfutabile, che ‘i sogni non hanno ombre’, e dal curatore Alex Pergher che sottolinea enfaticamente, sotto lo sguardo consenziente dell’autore, la funzione essenziale (sembra di intendere primeggiante) della nuova illuminazione che a dir suo esalta le opere, sicchè quelle appese alle pareti non appaiano più le stesse uscite dalla mente e dal laboratorio (in penombra? In piena luce? di giorno o di notte?) dell’uomo che le ha (avrebbe) sognate. Come ogni opera non fosse viva di sé, e sempre e comunque necessiti di assorbire la maggior quantità di luce e non invece sprigionarla, e tutte le si debba ridurre a barboncini imbellettati per l’esposizione, truccati per imbrogliare i giudici.
Come il Matto senza luogo, senza tempo e senza identità. Facile come i sogni non sognati.
Nelle fiabe come nei sogni, si sa, il Re veste di sfarzi fino a che un bimbo non ne svela le nudità.


'Se esponi in una Galleria privata, ti proponi. Se sei invitato in una Galleria Civica, è una consacrazione. Ciò dice molto di te, ma dice molto anche della Galleria Civica'.


«Perché la gente insista a voler essere artista senza averne le doti è semplice da capire. Nessuno potrebbe far finta di essere un cantante lirico se è innegabilmente stonato, o un direttore d’orchestra se non dirige mai nulla, ma nemmeno un cardiochirurgo, o un ingegnere nucleare, o un centravanti di qualche squadra di serie A. Queste sono professioni nelle quali si capisce subito se uno è una bufala oppure no. Dal punto di vista della simulazione, la professione più vicina a quella dell’artista è quella dell’architetto. Basta aiutare un amico a ristrutturare un bagno et voilà: si può far correre la voce di essere un architetto. Per l’artista è molto più facile perché l’arte può essere tutto e nulla. Se poi si trova un certo numero di amici e conoscenti disposti a sostenere il proprio nulla, il gioco è fatto.»
Da “Si crede Picasso (come distinguere un vero artista contemporaneo da uno che non lo è)”,  di Francesco Bonami,  ed. Mondadori, 2010.


1 commento:

  1. A me ricordano delle decorazioni per le torte di compleanno oppure delle bomboniere un pochino folkkitsch ...
    Mi sembra che l’artista segua un percorso involutivo rispetto alle opere precedenti che ho avuto modo di vedere;
    evidentemente è uno dei tanti che si sente contento di essere contento.
    Siamo rimasti in pochi ad essere scontenti di noi stessi: non fa tendenza!
    Non sono del tutto d’accordo con l’affermazione che l'arte possa essere tutto o nulla!
    Per me “Arte” è un concetto primariamente soggettivo.

    Marisa

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