martedì 2 novembre 2010

Gli allievi dell’Atelier di Luigi Lomanto





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Luigi Lomanto
Pittore milanese

Gli allievi dell’Atelier

Durante gli anni, tanti ex studenti del Liceo Artistico Orsoline, e altre persone hanno frequentato lo studio di Luigi Lomanto, cogliendone l’anima, la dedizione al lavoro, l’amore per la pittura e la grande sensibilità. Fra questi, 5 pittrici hanno voluto in modo particolare portare avanti i suoi concetti e il suo stile, sviluppandoli in modo personale, pur senza mai abbandonare il soggetto più amato da Luigi, il ritratto dal vero.Francesca Bruni, Pea Trolli, Renata Ferrari,Emanuela Volpee Rita Carelli Feri, dopo aver frequentato per diversi anni l’Atelier  Lomanto hanno deciso di fondare il gruppo artistico Artemisia. Tra i numerosi allievi dell’Atelier troviamo anche:
    Biografia
Luigi LomantoNasce a Milano nel 1924 da genitori di origini meridionali, trasferitisi con le rispettive famiglie nel Nord Italia per motivi diversi, origini che l’Artista mai rinnegò ma, anzi, in più occasioni difese e rivendicò con passione e ferma convinzione.
Ragioni di opportunità, dettate da difficoltà economiche contingenti, inducono i familiari ad indirizzare il figlio maggiore verso studi brevi e pratici, purtroppo estranei ed assai lontani dalla sua vera natura, senza alcuna considerazione per la sua pur evidente propensione verso l’attività artistica e creativa.
La sua passione per la pittura ebbe tuttavia modo di riemergere e di affermarsi quasi con prepotenza intorno ai vent’anni di età, dopo la drammatica esperienza dell’ultima guerra vissuta prima al fronte e poi sulle montagne bergamasche con i partigiani.
I suoi primi lavori, da autodidatta, risalgono infatti al 1948 e risentono fortemente della lunga permanenza sui monti, con i partigiani, a contatto quasi fisico con la terra, gli animali, gli alberi, le albe ed i tramonti, nonché di certe sue avventurose e perigliose esperienze come tecnico minerario in Val Gandino, nel Bergamasco. Scrive in un suo saggio: “La creatività o autoespressione è per l’uomo il bisogno più fondamentale non appena superati i bisogni primari della vita fisica”.
Nella sua ansia di perfezionismo, accentuata da un’innata tendenza all’autocritica, ma anche nella ferma convinzione che il lavoro di ricerca, autonomamente intrapreso comportasse uno sproporzionato dispendio di energie a fronte di risultati parziali ed insoddisfacenti, decide negli anni 50 di frequentare le scuole di pittura del Prof. Augusto Colombo e del pittore-restauratore Giacomo Ciceri e, successivamente, di conseguire da privatista la maturità artistica a Brera.
Acquisita l’abilitazione all’insegnamento di figura disegnata, insegna con grande professionalità e dedizione per oltre vent’anni, dal 1966 al 1988, presso il Liceo artistico delle Orsoline di Milano, trasmettendo ai suoi allievi, con i frutti della sua esperienza e del suo instancabile lavoro di ricerca, l’entusiasmo e l’amore per l’Arte in tutte le sue multiforme espressioni e per la cultura in generale. “L’insegnamento, scrive, è un aspetto della comunicazione, ne è anzi l’aspetto organizzato e sapiente”.
Le sue lezioni erano divenute una sorta di momento culturale appassionante e coinvolgente; le discussioni sull’Arte erano infatti il pretesto per accendere dibattiti sugli argomenti più disparati: religione, filosofia, scienza, musica, letteratura. Un’occasione straordinaria di arricchimento e crescita personale.
L’acquisizione di un solido mestiere e la raggiunta assoluta padronanza delle tecniche pittoriche e grafiche permettono al suo mondo poetico, nel corso di tanti anni di duro lavoro, di esprimersi nel modo più compiuto con un linguaggio sempre più raffinato, colto e complesso. Le opere della maturità si connotano infatti per il vigore espressivo, il disegno sicuro, la solidità dell’impianto, l’intensa ed originale ricerca del colore e della luce, la molteplicità delle tematiche, ma anche, e ciò rappresenta l’elemento unificante della sua produzione artistica, per l’atmosfera di lirismo che le avvolge. Espressione di una visione poetica e quasi religiosa della vita in tutte le sue manifestazioni.
Il suo incessante lavoro di ricerca coloristica e linguistica ed i mutati interessi lo conducono col tempo non solo a dedicare sempre maggiore spazio ed attenzione alla figura rispetto al paesaggio del primo periodo di attività creativa, ma ad abbandonare i toni caldi, sfumati e vellutati degli inizi e ad utilizzare il colore allo stato puro, ad esaltare la luminosità, nonché a conquistare un’estrema libertà espressiva e linguistica in bilico fra l’espressionismo e l’astrattismo; come si evince da molti volti maschili e femminili dell’ultimo periodo ed in particolare dalle “marine” affrontate con un’esuberanza ed una libertà cromatica inusitata e travolgente che accentuano drammaticamente la violenza e l’impetuosità delle loro acque.
Per tanti motivi che qui non è possibile elencare allestisce poche mostre personali.
Ricordiamo soltanto il suo fermo rifiuto di piegarsi alle leggi di un mercato divenuto, nel quadro di un generale crisi della cultura, più sensibile alle bizzarrie ed alle stravaganze che attento nei confronti di una pittura come quella di Lomanto che, pur nella sua modernità ed originalità, dimostra di conservare un rapporto di continuità dialettica col passato e di non volerlo affatto interrompere. L’Artista definì in modo tagliente ed icastico i nuovi dominatori del mercato “inventori di formule tutte esteriori di originalità che si affidano soprattutto ad uno shock sensorio”.
Al successo, questo riservato e dignitoso artista antepose sempre coraggiosamente e quasi stoicamente, in una sorta di consapevole autolesionismo, il lavoro solitario e silenzioso, lo studio, la ricerca e l’insegnamento. “L’uomo, per essere tale, deve essere al centro delle proprie esperienze, avere il tempo di oggettivarle e di ritrovarne i nessi nel raccoglimento della propria interiorità. E ciò avviene meglio nel silenzio e nel raccoglimento”.
Solitudine tuttavia, come è stato giustamente osservato, ricca di rapporti e di confronti, come maestro con gli allievi e come intellettuale con gli amici.
Durante il suo lungo iter artistico ebbe modo di sperimentare anche la scultura realizzata con materiali poveri, di scarto (ritagli di stoffe e stracci imbevuti di colla vinilica e modellati su di uno scheletro fil di ferro), lavori nati per caso con finalità precipuamente didattiche, nonché di dedicare gran parte del suo tempo all’opera grafica documentata da circa ottocento disegni realizzati con tecniche varie.
Muore improvvisamente, in piena attività lavorativa, creativa e didattica, nel maggio del 1997 con l’amara preoccupazione che il frutto di tanti anni di appassionato e sofferto lavoro possa andare disperso o cadere nell’oblio (un patrimonio di circa ottocento quadri ad olio, di altrettanti disegni ed una cinquantina di piccole sculture).
(Le frasi virgolettate sono tratte dal citato saggio dell’Artista sulla “Crisi dell’insegnamento negli Istituti d’Arte nel quadro della crisi della Scuola e della cultura, 1976).

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